Il lavoro, ai tempi del Coronavirus
In un’ottica di distanziamento sociale, sin dall’inizio della pandemia, è stato incentivato il remote working per le figure professionali che svolgono compiti e attività gestibili anche da casa. Una pratica già adottata e diffusa in azienda negli ultimi anni e potenziata per far fronte all’emergenza. Dal 12% dei collaboratori che usufruiva già dello smart working prima della crisi, siamo arrivati a circa il 57% di colleghi in remote working durante la Fase 1 e al mantenimento di una percentuale decisamente significativa, anche nelle fasi successive. Contiamo di rimanere su questa linea fino a quando la situazione non si sarà stabilizzata.
In accordo con la Direzione del Personale e le RSU aziendali, le limitazioni relative ai giorni fruibili nel corso del mese sono state temporaneamente sospese, mentre sono state distribuite le necessarie attrezzatture tecnologiche a quanti ne erano sprovvisti.
Ai collaboratori che, invece, continuano a lavorare fisicamente nelle nostre sedi, abbiamo chiesto di adottare, ad integrazione delle usuali norme di sicurezza, accorgimenti necessari a minimizzare il rischio di contagio. Settimanalmente, distribuiamo loro mascherine chirurgiche e ribadiamo l’importanza del mantenimento della distanza superiore ad 1 metro tra sé e gli altri. Seguono la raccomandazione di lavarsi spesso e bene le mani, le indicazioni su come gestire starnuti e colpi di tosse, i posti a scacchiera nelle mense e la sanificazione degli oggetti comuni.
Sin dall’inizio della quarantena, abbiamo monitorato come le nostre persone stessero vivendo la propria quotidianità lavorativa. Sono emerse storie di vita quotidiana, da cui traspaiono la passione per il lavoro, la voglia di uscire dall’emergenza e lo sforzo per continuare a conciliare vita lavorativa e vita personale. In alcuni casi i protagonisti sono colleghi singoli, in altri sono gruppi di lavoro rimasti interconnessi grazie agli strumenti digitali.
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