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La chimica in cucina

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Lo scrittore scientifico Harold McGee, PhD, ha dedicato la sua vita a scoprire cosa accade realmente al pane quando cuoce in forno, alla carne quando è appesa a essiccare o alle proteine dell’uovo quando lo sbattiamo. Il suo viaggio ha portato a scoperte sorprendenti e a un’opera che ha ispirato alcuni tra i più importanti chef del mondo.

Creating Chemistry: Quali sono i miti alimentari che è più orgoglioso di aver sfatato?
Harold McGee: Recentemente ho messo alla prova la credenza che la pasta debba essere cotta in tanta acqua. Vivo in California dove c’è carenza di acqua e dove ci preoccupiamo perché usiamo più energia di quanto necessario. È emerso che si può cuocere la pasta in un quantitativo minimo di acqua – circa 1,4 litri invece di un quantitativo compreso tra 3,8 e 5,7 litri – partendo dall’acqua fredda invece che dall’acqua in ebollizione e il gusto rimane inalterato. Questo è possibile perché la pasta assorbe l’acqua molto lentamente a temperature molto al di sotto della temperatura di ebollizione, quindi accade ben poco nei pochi minuti che ci vogliono perché l’acqua si riscaldi. E non importa quanto l’acqua di cottura sia amidacea, le superfici solide della pasta stesse contengono più amido e saranno appiccicose fino a quando non saranno condite con sugo o olio. In base al quantitativo di pasta cucinato in un anno, questo consentirebbe di risparmiare parecchia acqua e anche centinaia di migliaia di barili di petrolio all’anno.

Perché nel 20° secolo la scienza dell’alimentazione è stata così sviata nell’industria alimentare?
Non è che la scienza è stata sviata, è stata semplicemente assorbita nei movimenti moderni che erano più pressanti e su vasta scala di quanto accada nelle case e nei ristoranti. Tra la fine del 19° e l’inizio del 20° secolo, vi erano problemi con gli alimenti conservati in scatola – era urgente capire perché alcune lattine esplodessero sugli scaffali. Successivamente sono scoppiate la guerra ispano-americana e la prima guerra mondiale con l’esigenza di fornire cibo alle truppe. Sono state introdotte leggi per monitorare la sicurezza dei cibi. Questo significava che il talento scientifico veniva attirato nella produzione. Mancava ancora una comprensione più rilassata del contributo che un approccio scientifico avrebbe potuto fornire alla cucina nelle case e nei ristoranti.

Cosa ha reso la cucina molecolare così invitante nell’ultimo decennio?
Con l’apertura al mondo, le cucine nazionali sono diventate molto meno importanti di quanto non lo fossero in precedenza. Oggigiorno uno chef ambizioso che vuole farsi un nome deve essere ricco di creatività. Questo è il settore in cui la scienza è stata particolarmente interessante per gli chef all’avanguardia – essi capiscono che è un partner meraviglioso quando si è alla ricerca di nuovi modi per fare le cose. Se si capiscono i principi di base, è possibile uscire con variazioni sui piatti e anche con idee completamente nuove alle quali non si sarebbe mai pensato seguendo semplicemente le ricette delle passate generazioni. Ad esempio per secoli gli chef hanno lavorato con salse liquide e gelatine solide come l’aspic, ma Heston Blumenthal è venuto a sapere delle “gelatine liquide” che colano quando vengono versate ma si solidificano a riposo. Ha sfruttato quest’idea per creare una tazza di tè nella quale una parte di tè è calda e una seconda parte è ghiacciata – senza alcuna barriera tra le due parti.

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Nel suo giardino in California, Harold McGee coltiva frutta e verdura per la sua cucina.

Quanto è importante per lei l’esplorazione dei diversi approcci culturali nei confronti del cibo?
Mi concentro su quello che è possibile fare con gli ingredienti naturali e la loro trasformazione mediante manipolazione fisica e chimica. Le leggi della fisica e della chimica sono le stesse, a prescindere dal paese in cui si abita. Questo non è per sminuire l’importanza o l’interesse delle differenze culturali, ma cerco di trovare elementi comuni su cui tutte le culture si basano e che utilizzano a modo loro. Ad esempio gli ioni di sodio e di cloruro nel sale legano a sé le molecole di acqua quando il sale si scioglie e le culture di tutto il mondo hanno usato questa proprietà per conservare gli alimenti eliminandone l’umidità e l’umidità dei microbi che li deteriorerebbero.

Quale consiglio darebbe ai cuochi esordienti e qual è la spiegazione scientifica alla base di questo consiglio?
Il mio consiglio principale è di acquistare un buon termometro digitale e assicurarsi di usarlo quando si cucinano carne, pesce e uova, tutti alimenti ricchi di proteine la cui consistenza è determinata dalla misura in cui le proteine vengono distese e legate assieme dal calore. Nel campo critico tra 50 e 70 gradi Celsius, un grado o due possono fare la differenza.

Il suo approccio scientifico al cibo ha cambiato il suo piacere per il cibo?
Non mastico il cibo con espressione corrucciata, ma apprezzo la complessità delle materie prime e l’abilità richiesta per trasformarle in cibo delizioso a ogni boccone.

Harold McGee, PhD, scrive sulla chimica degli alimenti e della cucina. Il suo primo libro “Il cibo e la cucina. Scienza e cultura degli alimenti”, pubblicato nel 1984 e aggiornato nel 2004, utilizza la scienza per analizzare perché il cibo si comporta in un certo modo e ha il sapore che ha.

Il suo ultimo libro “Le chiavi della buona cucina. La scienza e le tecniche per cucinare al meglio” è stato pubblicato nel 2010. Egli ha inoltre curato regolarmente la rubrica “The Curious Cook” per il New York Times ed è stato professore invitato all’Università di Harvard. Sta attualmente lavorando a un nuovo libro sulla scienza del gusto.

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