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Le “avventure dell’anniversario”

Quando lo cerchiamo per l’intervista, Thomas Grube è impegnato in sala di montaggio: i preparativi per il film sull’anniversario che il documentarista sta realizzando per BASF sono nel vivo. L’intervista si svolge in una location particolare: gli studi ARRI, nel centro di Berlino.

Creating Chemistry: Grube, lei è un documentarista freelance molto noto, specie per i ritratti di alcuni artisti che ha recentemente realizzato. Cosa la incuriosisce, invece, del “soggetto azienda”?
Thomas Grube:
I film sono per me sempre una sorta di spedizione verso l’ignoto, verso aree di cui conosco molto poco. Per esempio, sapevo che BASF fosse la prima azienda chimica al mondo, poco altro… anche se da ragazzo ero davvero appassionato delle sue musicassette (ride). Oltre a questo, le scarne immagini che mi rimandavano a BASF non erano esattamente positive: un’azienda chimica era per me qualcosa di “sporco”, che distruggeva l’ambiente. Ma questo ragionamento era ovviamente troppo semplicistico: il nostro mondo è un’entità molto più complessa, le aziende non sono certo delle “forze oscure”. Durante il mio lavoro di ricerca per il film, ho incontrato tante persone, ognuna delle quali si è dimostrata estremamente appassionata del suo lavoro. Ho così scoperto che nel mondo BASF si affrontano i grandi temi del futuro, che riguardano ognuno di noi: la disponibilità di energia, l’alimentazione, la vita nelle città. Il film per l’anniversario di BASF mi ha dato la possibilità di esplorare questi orizzonti.

Quali criteri utilizza nella selezione dei materiali da utilizzare?
Cerco sempre di ingaggiarmi in una sfida: più la montagna è alta, meglio è. Ho bisogno di qualcosa che mi stimoli e che mi dia la possibilità di scoprire qualcosa di nuovo. È da questo processo che nasce la creatività, nel mio caso. Se il viaggio è tropo facile e la destinazione dietro l’angolo, il prodotto finale rischia di essere banale.

Con quale approccio realizza i documentari? Qual è il suo obiettivo?
Nei miei lavori non intendo trasmettere informazioni oggettive. Preferisco creare emozioni del tutto soggettive, in modo che il pubblico possa rivivere le stesse emozioni che ho provato io durante la realizzazione del documentario. Nel caso specifico del film su BASF, la mia intenzione era far rivivere al pubblico l’avventura che tutti noi - coinvolti nella realizzazione del progetto dell’anniversario - stiamo vivendo, insieme.

Nei suoi film, come ad esempio in “Rhythm is it”, dedicato alla Berlin Philharmonic Orchestra, è sempre riuscito a porre l’accento sulla crescita delle singole persone di cui racconta la storia. Vale lo stesso anche per il progetto legato a BASF?
Sì. Assolutamente. La Berlin Philharmonic Orchestra è un’entità davvero particolare, che sceglie e nomina autonomamente il proprio direttore. Contemporaneamente, però, ogni singolo membro è responsabile della qualità del gruppo. Addirittura, alcuni studi condotti dalla Harvard Business School hanno provato a descrivere cosa abbia permesso alla struttura di mantenersi in questo modo per oltre 130 anni. Lo stesso principio possiamo trasferirlo anche ad un’organizzazione come BASF, giunta al suo 150esimo anno di vita. Ovvero: in che modo sistemi complessi come quelli appena descritti possono mantenere gli stessi livelli di qualità, sebbene i tempi e le tradizioni cambino costantemente? Come si può lavorare ai massimi livelli, cercando contemporaneamente di amalgamare il proprio io all’interno di una comunità?

Un aspetto importante del film è il tema della co-creazione, del “fare insieme ad altre persone”. Come valuta questa modalità espressiva e di contenuto?
Penso che sia parte integrante di una cultura aziendale che voglia essere sostenibile: non è semplice gestire un’azienda, per 150 anni, se si ha una prospettiva di breve termine, incentrata solo sull’obiettivo di creare valore per gli azionisti, escludendo tutto il resto. In questo progetto per l’anniversario, BASF non smette di guardare al futuro. Chi si accinge a ragionare in questo modo deve essere abbastanza onesto e guardare in faccia la realtà: trovare le risposte alle sfide dei prossimi 20 o 30 anni è un impegno così grande da annichilire persino un esperto BASF, con tutta la sua esperienza. È senz’altro meglio essere aperti ed ammettere che le risposte migliori verranno dal sapere guardare ai problemi da angolature diverse, coinvolgendo anche le persone più critiche e le Ong. Il film diventa così uno strumento di comunicazione per riflettere sul processo di co-creazione e per mostrare che BASF ha la capacità e la forza di esplorare questa strada.

Pensa che fare film sia una forma di co-creazione?
Certamente. Ognuno di noi è un esperto nel proprio settore specifico, ed è necessario che ci sia il contributo di tutti per creare una ‘visione più grande’. Da bambino adoravo fermarmi a leggere i titoli di coda alla fine un film, l’elenco di nomi che scorreva dall’alto verso il basso per minuti interi: c’era sì stato qualcuno con una grande visione, ma poi c’erano volute centinaia di persone, con tutte le loro competenze, per creare qualcosa di concreto a partire da un pensiero immaginario.

Luci, macchina da presa, azione!

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