Chi siamo

“Camere bianche” extra lusso

2015_creating-chemistry_cleanroom-lab_1_neu.jpg

La purezza dei materiali chimici usati per la produzione dei semiconduttori per l’elettronica è testata nelle “camere bianche” dei laboratori BASF. Senza queste strutture, sarebbe impossibile produrre i microchip presenti in quasi tutti i dispositivi elettronici che utilizziamo, dai computer alle macchine fotografiche reflex.

Melanie Bauer indossa un camice chiaro, una visiera e occhiali di protezione; i suoi capelli sono raccolti sotto una cuffia. Potrebbe essere scambiata per un chirurgo pronto ad iniziare un intervento.  In realtà, questo “look” è necessario perchè il suo lavoro in BASF si svolge in un ambiente altamente sensibile: la camera bianca del Competence Center Analytics. Gli esperti in chimica analitica e analisi degli elementi lavorano a stretto contatto con l’unità BASF Electronic Materials. È qui che campioni chimici altamente purificati sono sottoposti alle ultime analisi, prima di finire nelle mani dei consumatori di tutto il mondo.

Prima di raggiungere il suo posto di lavoro, Melanie Bauer deve attraversare una camera di compensazione dove, per 30 secondi, si sottopone ad una doccia d’aria che rimuove dai suoi abiti e dalle mani anche la più piccola particella contaminante. Azioni che altri danno per scontate, come prendere una tazza di caffè o andare al bagno, sono per lei molto più complicate che per chiunque altro: deve infatti cambiarsi completamente e ripetere l’intera procedura dall’inizio. “Alla fine ci si fa l’abitudine”, commenta l’assistente del laboratorio chimico.

Melanie e i colleghi, vestiti esattamente allo stesso modo, conoscono bene le implicazioni del proprio lavoro. Il loro compito presso la camera bianca consiste nell’analizzare le strutture chimiche necessarie per i meticolosi processi di produzione dei microchip. La continua riduzione della dimensione delle componenti elettroniche nel corso degli anni ha aumentato le richieste sui prodotti chimici necessari per la loro produzione; i rapidissimi sviluppi cui abbiamo assistito nell’industria dell’elettronica impongono livelli di controllo della qualità elevatissimi. La chimica ha contribuito a rendere i computer più veloci che mai e ha permesso di progettare telefoni cellulari sempre più smart, in grado di fare praticamente tutto.

La trasformazione di un normalissimo supporto in sabbia silicea in wafer di pochi millimetri, che serviranno alla produzione di complessi microchip, richiede centinaia di passaggi. Eppure, i microchip non funzionerebbero, se durante il processo produttivo non venissero rispettati i più severi standard di pulizia. Quando una superficie di un centimetro quadrato brulica di quasi un miliardo di transistor, anche la più minuscola particella, invisibile all’occhio umano, può generare conseguenze disastrose e determinare la necessità di scartare interi cicli di produzione.

2015_creating-chemistry_cleanroom-lab_2.jpg

Qualsiasi irregolarità superficiale di una componente elettronica non deve superare una tolleranza di al massimo pochi nanometri: il rapporto che esiste fra un nanometro e un metro è esattamente lo stesso che esiste fra una palla da calcio e il pianeta Terra. “Non è facile immaginare i minuscoli livelli di contaminazione che siamo in grado di evidenziare in questo laboratorio”, afferma Bauer, seduta alla sua flow box in attesa di preparare il campione di idrossido di ammonio. La flow box è una stazione di lavoro che ricorda un acquario aperto alla base, che rispetta i più severi requisiti di una camera bianca. Un sistema integrato di filtri aspira l’aria dall’ambiente, rimuove le particelle di polvere e la reimmette nel circuito sotto forma di aria fresca altamente concentrata.

“Il livello di precisione delle misurazioni continua ad aumentare, grazie ai miglioramenti nelle metodologie e nelle apparecchiature”, spiega Alexander Honacker, che lavora presso il laboratorio fin da quando è stato aperto, 15 anni fa. Per avere un’idea del livello di precisione che si applica nel valutare un campione e la sua conformità ai limiti in vigore, fa un esempio: “È un po’ come trovare una zolletta di zucchero in un lago di montagna”.

Oltre ai rapidi progressi compiuti nelle attrezzature e nei programmi di analisi chimica, anche il fattore umano gioca un ruolo fondamentale: le competenze dei circa dieci addetti e la cura che essi dedicano al proprio lavoro in laboratorio sono essenziali per la qualità delle misurazioni ottenute. Ad esempio, alcune sostanze chimiche richiedono strumenti specifici e i campioni sono prelevati utilizzando particolari pipette. Il personale del laboratorio indossa costantemente guanti di protezione e presta attenzione a non toccare con le mani o con il braccio nessuno degli apparecchi di misurazione. Gli standard di pulizia nel laboratorio a volte entrano anche a far parte del quotidiano. “Ho ormai un mio modo personale di considerare l’igiene”, confessa Honacker. “Dopo aver svuotato la lavastoviglie, a volte mi trovo a risciacquare i piatti ancora una volta”.

Articoli correlati