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Migliorare la rete dei trasporti e renderla accessibile a tutti è una priorità su scala globale. Quali idee si stanno facendo strada e quali sono già una realtà concreta? Mary Crass, dell’International Transport Forum (ITF), parla di sistemi multimodali, di soluzioni per il trasporto pubblico rurale, e di come progettare le nostre città per una maggiore fruizione da parte dei pedoni.
Creating Chemistry: Il Summit ITF 2015 ha scelto le tre T - Trasporto, Trade e Turismo - come temi centrali delle discussioni. Quali gli argomenti di maggior dibattito?
Mary Crass: I governi e i principali player del settore dei trasporti devono ricominciare a trattare le tre T come tre settori interconnessi l’uno all’altro. Troppo spesso il turismo è stato considerato in maniera distinta e separata dal commercio, eppure rappresenta il 21% dei servizi esportati, dunque svolge un ruolo centrale nell’ambito degli scambi commerciali. Il trasporto rappresenta un fattore abilitante tanto per il commercio quanto per il turismo, ed è continuamente messo alla prova da una domanda in continua crescita, in entrambi i settori. Si prevede che il numero totale di turisti toccherà 1,8 miliardi di presenze entro il 2030! Quello che ci occorre sono dunque infrastrutture per il turismo più accessibili e maggiori informazioni a disposizione dei visitatori, specie se consideriamo il numero sempre più alto di turisti senior. Per quanto riguarda gli scambi commerciali, i governi devono collaborare per ridurre le barriere fisiche, ma anche quelle rappresentate da documenti e procedure. In generale, occorre un miglior coordinamento in tutte e tre le T, se vogliamo stimolare un vero sviluppo economico e lavorare per una maggiore coesione sociale.
Recentemente a Parigi, sede dell’ITF, a causa dell’inquinamento atmosferico, il traffico è stato chiuso alle vetture private per un’intera giornata, garantendo in cambio la gratuità dei servizi di trasporto pubblico. Ritiene che le condizioni nel settore dei trasporti stiano migliorando?
Parigi ha compiuto enormi tentativi per scoraggiare l’uso delle autovetture, senza tuttavia ricorrere ad un sistema di tariffazione per le auto all’interno della cerchia cittadina, come invece propone il modello assai efficace di Londra. Le corsie preferenziali per gli autobus, ad esempio, hanno ridotto lo spazio stradale disponibile. Le proposte di car e bike sharing sono sempre più diffuse. Le sfide più grosse rimangono soprattutto nelle aree periferiche, mentre lo schema “Grand Paris” si sta affermando come un modello percorribile anche da parte di altre città, che iniziano a sviluppare proposte per nuove linee e stazioni automatizzate della metropolitana, oltre che servizi ferroviari più efficienti. Affinché tutto si realizzi, sarà cruciale un vero impegno da parte della politica.
Un recente studio indica che nelle città di medie dimensioni le flotte di veicoli senza autista e in modalità car sharing sostituiranno il 90% delle macchine tradizionali. Se pensiamo a quanto la gente sia abituata alla comodità della propria macchina, possiamo ritenere che questi numeri siano realistici?
La comodità della macchina consiste nella prevedibilità di poter raggiungere la propria destinazione quando si vuole, l’idea di potersi spostare da punto a punto; è però vero che il traffico cittadino influisce molto su questa prevedibilità. Inoltre, non dimentichiamo che possedere una macchina comporta delle spese, ad esempio quelle legate all’acquisto e alla manutenzione della vettura, al costo del carburante e del parcheggio, per non parlare del tempo necessario per trovarne uno. Le soluzioni alternative nel campo della mobilità devono poter fornire servizi on demand, in grado di coprire l’ultimo chilometro di qualsiasi spostamento, offrendo collegamenti con modalità di trasporto diverse. Città di dimensioni più grandi richiederanno soluzioni differenti. Sarà solo ampliando l’offerta di servizi per il trasporto pubblico, garantendo alcune delle caratteristiche proprie dei trasporti con mezzi privati - ad esempio con servizi di car e bike sharing - che la situazione potrà migliorare. La gente chiede comodità, accessibilità e affidabilità: quando le nuove soluzioni di mobilità riusciranno ad offrire tutto questo, molto probabilmente la gente sarà disposta a lasciare a casa la propria macchina.
“Il trasporto rappresenta un fattore abilitante tanto per il commercio quanto per il turismo ed è continuamente messo alla prova da una crescita costante, in entrambi i settori.”
Mary Crass, Responsabile di Policy and Summit Preparation presso l’International Transport Forum (ITF)
Un suo recente studio sul trasporto nelle aree rurali sottolinea l’importanza di una migliore coordinazione fra i servizi. Quali sono, a suo parere, gli aspetti più importanti da considerare, se vogliamo garantire una vera mobilità a chi non vive nelle città?
R Il trasporto pubblico nelle aree rurali è più costoso di quello nelle aree urbane densamente popolate. Certamente è necessario l’intervento pubblico, ma è dimostrato che chi abita fuori dalle città è disposto a pagare di più per servizi efficienti, anche se con livelli di frequenza più ridotti rispetto alle città. Un esempio è quello degli autobus a chiamata, che potrebbero rappresentare una buona alternativa nelle aree a bassa densità abitativa o nelle aree rurali. È importante che questi servizi non operino in maniera isolata, ma che facciano parte di reti più ampie, multimodali, collegate le une alle altre. Le informazioni di viaggio tramite smartphone rappresentano uno degli elementi abilitanti.
Qual è il ruolo delle informazioni di viaggio e delle infrastrutture di trasporto?
Un ruolo centrale, direi, in particolare per quanto riguarda i veicoli automatizzati gestiti in completa sicurezza. Sarà necessario avere il sostegno di tutto il comparto dei trasporti intelligenti, per quanto riguarda i sistemi per le informazioni di viaggio in formato elettronico, la gestione del traffico e dei trasporti pubblici, l’assistenza al pilota e i servizi automatici per la sicurezza. Un esempio recente è il regolamento europeo eCall, che impone alle macchine motorizzate, a partire da aprile 2018, di essere dotate della tecnologia eCall. Nel caso di un incidente di particolare entità, il sistema eCall permette l’invio automatico delle informazioni salienti, quali ad esempio la posizione del veicolo, ai servizi di pronto intervento.
“La gente chiede comodità, accessibilità e affidabilità; quando le nuove soluzioni di mobilità riusciranno ad offrire tutto questo, la gente sarà disposta a lasciare la macchina in garage.”
Mary Crass, Responsabile del Policy and Summit Preparation presso l’International Transport Forum
Anche nelle economie emergenti, sempre più persone possiedono un autoveicolo, e questo non fa che aumentare il traffico stradale. Pensando all’esperienza dei Paesi occidentali, quali lezioni si possono imparare?
L’aumento del reddito medio ha fatto sì che sempre più persone desiderassero possedere una macchina. Pur non dovendo necessariamente limitare la possibilità di acquistare una vettura, la politica dovrà introdurre una distinzione fra possesso e utilizzo degli autoveicoli. I cittadini dovranno essere aiutati a non dipendere eccessivamente dalle macchine, per esempio attraverso nuove forme di uso e attraverso una attenta pianificazione incentrata sull’accesso ai servizi e ai confort e non esclusivamente sulla promozione della mobilità. I percorsi di autobus e mezzi su rotaia dovranno essere pianificati tenendo presente lo sviluppo futuro dei flussi di percorrenza. Politiche di limitazione e tariffazione delle aree di parcheggio potrebbero risultare particolarmente efficaci. Laddove le infrastrutture e i servizi di trasporto pubblico non sono ancora ben sviluppate, sarà importante perseguire politiche che promuovono i sistemi di car e ride sharing. Al tempo stesso, sarà importante promuovere la mobilità di pedoni e biciclette, che dovranno diventare parte integrante di qualsiasi politica di trasporto.
La diffusione di queste alternative dipenderà da quanto riusciremo ad attrarre gli utenti e da quanto esse saranno percepite come alternative sicure. Quali strategie occorrerà studiare?
In troppi Paesi, gli interventi a favore dei trasporti non motorizzati sono ai margini del dibattito politico. Dobbiamo intervenire con strategie di limitazione del traffico che inducano gli utenti a lasciare la macchina in garage, con zone urbane con limite di velocità a 30 chilometri orari, oltre a zone completamente escluse al traffico.
Negli Stati Uniti, la pedonabilità sta diventando sempre più spesso un criterio nella scelta della propria casa o della sede di una attività commerciale. Crede che questo fenomeno possa diffondersi anche altrove?
Certamente, a condizione che i governi locali siano pronti a stravolgere completamente i propri sistemi di pianificazione urbana, dando la priorità a logiche legate all’accesso ai servizi e alle strutture, oltre che alla prossimità dei trasporti pubblici. Questo concetto è molto diffuso in Nord America, per esempio nelle zone in cui sono previste forme di sviluppo incentrate sui flussi di transito: questo significa che le unità residenziali, i negozi e gli uffici sono concentrati a poca distanza dalle fermate e dalle stazioni dei mezzi pubblici.
L’agenda ambientale assegna un ruolo sempre più centrale ai veicoli elettrici. Come possono le politiche pubbliche incoraggiare la e-Mobility?
Il tema è importante per qualsiasi governo; la e-Mobility può essere incoraggiata in diversi modi. Ad esempio, attraverso sussidi e agevolazioni, o attraverso politiche che promuovano l’adozione di veicoli elettrici anche nelle flotte dei servizi pubblici, o ancora sostenendo la ricerca e lo sviluppo di nuove tecnologie per le batterie e i sistemi di ricarica. Tuttavia, sebbene i veicoli elettrici presentino dei vantaggi di natura ambientale, non sono poche le difficoltà di implementazione. Una ricerca dell’ITF mostra ad esempio come il loro costo sia spesso ancora più elevato rispetto a quello di equivalenti veicoli a combustione interna. Il divario potrà forse ridursi con l’aumento dei volumi di produzione, ma i veicoli a combustione interna continueranno a garantire maggiore autonomia a costi più bassi, in molte situazioni. Inoltre, nel fare una valutazione dei vantaggi ambientali, è necessario considerare la quantità di emissioni di gas serra per unità di Pil previste per la produzione dell’energia elettrica. In generale, le soluzioni per la mobilità del futuro saranno alimentate da diverse fonti di energia, fra cui sicuramente l’elettricità, ma anche l’idrogeno, il solare e i biocarburanti. Fino a quando le nuove tecnologie non avranno raggiunto la necessaria economia di scala, sarà fondamentale intervenire per migliorare i livelli di efficienza dei motori esistenti.
Quali sono i grandi temi che state affrontando, in vista dell’importante vertice del 2016?
Il tema del prossimo anno sarà “Un’Industria dei Trasporti Verde e Inclusiva”. Il settore dei trasporti è il grande volano della crescita e dello sviluppo economico: trasporti meno cari, più sicuri, più affidabili e più frequenti facilitano gli scambi commerciali e il movimento delle persone, migliorando l’accesso ad occupazione, beni e servizi. Il modello di trasporto che facilita questi scambi economici al momento, tuttavia, non è sostenibile, da un punto di vista ambientale. La nostra ricerca dimostra che, su scala globale, i trasporti continuano a dipendere al 97% dai combustibili fossili, e contribuiscono addirittura al 25% delle emissioni di CO2. Se non interveniamo, questo valore crescerà del 170%, da qui al 2050. Crediamo che un’industria dei trasporti verde possa trasformarsi nel motore di una crescita economica “ecologica”. Tuttavia, non a tutti è data la possibilità di sfruttare le opportunità che esistono e questo a causa del livello di istruzione, delle condizioni di mobilità, del luogo in cui vivono, o a causa di costi di trasporto ancora proibitivi. Sviluppare un’industria dei trasporti inclusiva significa garantire a tutti l’accesso al mercato del lavoro, all’istruzione e ai servizi pubblici, oltre che alle attività sociali e ricreative.