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Edifici come centrali elettriche

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Edilizia sostenibile è la parola d’ordine tra gli architetti. Eppure, per la maggior parte di noi, che viviamo in case costruite decenni fa, la realtà rimane lontana dai progetti futuristici – le nostre case inghiottono energia, spesso generano sprechi e sono inefficienti. Ma tutto ciò forse sta per cambiare, man mano che il mondo dell’economia e della ricerca uniscono i loro sforzi per dare vita a un nuovo paesaggio urbano, in cui gli edifici diventano le centrali elettriche del futuro.

Basta chiedere ai maggiori scienziati all’avanguardia nelle tecnologie ambientali di descrivere la casa del futuro e vi porteranno in un mondo affascinante, dove la scienza dei materiali e dei composti organici operano in armonia per creare un ambiente abitativo che è come un organismo vivente.

È un mondo in cui una miriade di tecnologie sostituisce i combustibili fossili e l’energia nucleare. Un futuro in cui la chimica, la biologia, la nanotecnologia, la scienza dei materiali e la biomimetica si fondono per creare una città che è come un organismo vivente e interconnesso. Un posto in cui l’energia solare è ottenuta in diverse forme da ogni facciata e immagazzinata per accumulo interstagionale, dove l’isolamento intelligente regola la temperatura dell’ambiente, mentre pareti viventi di alghe reagiscono alla luce solare per creare ombra e illuminazione. Un mondo interconnesso in cui la casa, il luogo di lavoro, l’automobile e la scuola si comportano come un organismo vivente, interagendo in modo naturale con l’ambiente per raccogliere l’energia generata dalle case durante il giorno e dai luoghi di lavoro durante la notte, in modo che possa essere convogliata laddove è maggiormente necessaria.

La maggior parte di queste recenti innovazioni è stata dettata dalla minaccia dei cambiamenti climatici. Le ricerche del Programma delle Nazioni Unite per l’Ambiente rivelano che una costruzione più intelligente degli edifici offre l’unica grande opportunità di ottenere una riduzione economicamente possibile delle emissioni di gas serra nocivi. Gli edifici consumano globalmente il 40% delle nostre risorse energetiche ed emettono un terzo dei gas serra del pianeta – una cifra destinata a crescere, man mano che popolazioni assetate di energia si trasferiscono verso le città.

“ Possiamo realizzare celle solari su qualsiasi cosa, compresa la carta.”

Dr. Trisha Andrew, Ricercatrice Universitaria nel campo della chimica presso l’Università del Wisconsin-Madison

Il problema per quanto riguarda la visione affascinante del futuro da parte degli scienziati è che per la maggior parte di noi ha ben poco a che fare con la nostra esperienza pratica del mondo urbanizzato. Che viviate a Berlino, Shanghai, Rio o Milwaukee, sarete probabilmente circondati da edifici che sono cambiati poco nella loro struttura nel corso degli ultimi 100 anni e che utilizzano tecnologie che si sono evolute solo in misura ridotta nel corso degli ultimi 50 anni. La tecnologia più avanzata che vediamo quotidianamente in uso tende a limitarsi a pesanti pannelli solari in silicio cristallino e turbine eoliche.

Tutto ciò potrebbe stare per cambiare. E a catalizzare il cambiamento è una rivoluzione silenziosa avvenuta nelle sale riunioni di grandi aziende e nei laboratori di istituti universitari. Ci si sta accorgendo del fatto che mentre non mancano le innovazioni brillanti nella progettazione degli edifici, non c’è stata una spinta abbastanza forte per portare queste nuove tecnologie sul mercato in senso lato. Tale consapevolezza sta portando alcune delle migliori menti della scienza mondiale a spostare l’attenzione dal piano teorico a un vero confronto con la sfida tecnologica su scala reale. La questione è come rendere questa tecnologia economicamente realizzabile e redditizia, producendola su una scala sufficientemente vasta da poter fare veramente la differenza.

Greg Keeffe, Docente di Architettura Sostenibile e a capo del dipartimento di ricerca presso la Queens University di Belfast, in Irlanda, ritiene che gli architetti e i progettisti potrebbero avere qualcosa da imparare dalle tecniche di produzione in serie impiegate dalle case costruttrici di automobili.

Sostiene che la necessità attuale di stipare le case nel ristretto spazio urbano ancora disponibile, vuol dire che ogni edificio deve essere progettato individualmente. Ciò non offre l’opportunità di sviluppare i tipi di innovazione che accompagnano la produzione di massa.

“Se si guarda una casa media con una Mercedes Classe E parcheggiata fuori, la casa non può competere con l’auto,” spiega il Prof. Keeffe. “Credo che abbiamo bisogno di un prodotto più industrializzato, studiato in serie, che è attualmente al di fuori della nostra portata, perché gli edifici sono progettati in modo così diverso rispetto alle automobili. Ci sono centinaia d’anni di esperienza e idee dietro la progettazione di ogni componente di un’automobile, mentre ogni elemento di un edificio è stato pensato molto meno, proprio perché ogni edificio è un oggetto a sé stante.”

40% delle nostre risorse energetiche…
Gli edifici consumano globalmente il 40% delle nostre risorse energetiche ed emettono un terzo dei gas serra del pianeta – una cifra destinata a salire man mano che popolazioni affamate di energia migreranno verso le città.

10 GW di potenza…
Gli scienziati del progetto SPECIFIC stimano che se solo il 10% dell’acciaio prodotto ogni anno dal partner di progetto Tata Steel avesse il rivestimento intelligente con collettore solare a traspirazione, potrebbe produrre 10 GW di potenza, ovvero l’equivalente dell’energia generata in un anno da una centrale nucleare.

Dall’esperimento di laboratorio alla produzione industriale

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Edilizia sostenibile: facciate in legno, celle solari sul tetto e isolamento a prestazioni elevate – il Wälderhaus di Amburgo (Foto: Stephan Falk).

Istituito di recente per affrontare proprio questa sfida, il Sustainable Product Engineering Centre for Innovative Functional Industrial Coatings (SPECIFIC) [Centro per lo studio di prodotti sostenibili per rivestimenti industriali funzionali innovativi] è un consorzio industriale e universitario che ha il compito di colmare il divario di conoscenza che esiste tra innovazione e produzione. Avviato quattro anni fa, il progetto è guidato dalla Swansea University del Galles e sovvenzionato dal governo gallese e britannico, oltre che dai principali partner industriali, tra cui Tata Steel, NSG-Pilkington Glass e BASF.

L’obiettivo di SPECIFIC è quello di trasformare gli edifici nelle centrali elettriche del futuro. Il suo intento è quello di agire da punto di raccordo tra le università britanniche per mettere a frutto sviluppi all’avanguardia e a livello globale nei materiali da costruzione e nella progettazione, utilizzando rivestimenti intelligenti che consentono alle pareti e ai tetti di catturare, immagazzinare e rilasciare energia rinnovabile. Lavorando soprattutto con acciaio e vetro, il progetto ha già compiuto degli straordinari passi avanti che sono destinati a rivoluzionare più di un settore dell’industria dell’edilizia.

Kevin Bygate è Amministratore Delegato del progetto SPECIFIC, a capo di un team composto da oltre 120 tra scienziati, specializzati in tecnologia, ingegneri ed esperti di strategia commerciale di fama mondiale, il cui compito è quello di ricercare il modo migliore per applicare su larga scala la tecnologia esistente e trasformare così  le innovazioni di laboratorio in prodotti in grado di essere realizzati in serie.

“Ci sono molte università e istituti di ricerca che compiono il passo iniziale a livello di invenzione. Ciò che vuol dire fisicamente è che hanno creato qualcosa che ha le dimensioni di una miniatura e su questa miniatura c’è un puntino, grande quanto un spillo, che fa qualcosa di interessante”, spiega Bygate. “Noi subentriamo in questa fase per riprodurre la funzione con una quantità cospicua di materiale, impiegando un processo che può aumentare di scala. Utilizziamo linee pilota per produrre laminati larghi un metro e successivamente una linea a nastro che realizza materiale di dimensioni sufficienti da poter essere posto su un edificio.”

Uno dei prodotti è il collettore solare a traspirazione, che è in grado di assorbire in media il 50% e fino al 75% in condizioni ottimali, dell’energia solare che riceve un edificio. I collettori solari a traspirazione sono installati come una lamina aggiuntiva microforata in acciaio su una parete o un tetto esistente o nuovo, creando un’intercapedine di aria riscaldata tra la superficie dell’edificio e il rivestimento metallico. L’aria riscaldata viene prelevata dall’intercapedine e convogliata nell’edificio, in modo che possa essere o utilizzata per soddisfare il fabbisogno energetico immediato dell’edificio, oppure immagazzinata per un secondo momento.

Partner del progetto, Tata Steel produce nel Regno Unito acciaio per la costruzione di magazzini, supermercati e spazi commerciali. SPECIFIC calcola che se solo il 10% dell’acciaio prodotto ogni anno da Tata Steel fosse dotato di questo rivestimento intelligente, si potrebbe generare una potenza di 10 GW, ovvero l’equivalente della produzione di energia annuale di una centrale nucleare.

Bygate ritiene che i collettori solari a traspirazione potrebbero diventare una risorsa energetica chiave del futuro. “Quello che abbiamo è una prova di fattibilità e ora stiamo guardando al modello commerciale per portare l’idea sul mercato,” afferma. “In base al grado di accettazione del prodotto da parte del pubblico e alla curva di adozione, utilizzando questo tipo di tecnologia si potrebbe generare circa un terzo dell’energia da fonti rinnovabili del Regno Unito entro il decennio del 2020.”

Importante quanto ricavare energia solare è immagazzinarla. Le batterie, lo stoccaggio sotto forma di acqua calda e i sistemi di stoccaggio termico sotterranei hanno tutti un grande potenziale, ma tendono a occupare un’enorme quantità di spazio. Mentre per alcuni tipi di fabbisogno energetico occorre conservare l’energia per una questione di ore prima che venga utilizzata, per altre necessità energetiche occorre un accumulo interstagionale, normalmente energia immagazzinata in estate per l’impiego invernale.

SPECIFIC sta registrando dei successi anche su questo fronte. Il Professor Dave Worsley, che è a capo del programma di ricerca universitaria del progetto, spiega: “Ciò su cui stiamo lavorando è un sistema di immagazzinamento termochimico –  la cui base è costituita da un sale che assorbe o rilascia acqua, simile al modo in cui sudiamo – che catturi o sprigioni una notevole quantità di energia.”

È questa capacità di catturare e sprigionare energia in modo così efficiente che Worsley ritiene costituirà la soluzione idonea per l’accumulo interstagionale, richiedendo uno spazio fino a dieci volte inferiore rispetto all’utilizzo dell’acqua per lo stoccaggio di energia.

Vernice fotovoltaica

Per anni gli scienziati hanno predetto la creazione di una vernice fotovoltaica realizzabile in modo economico, che si sarebbe potuta utilizzare sulle abitazioni per catturare energia solare. Ma la realtà è che ci vorranno ancora parecchi anni prima che questo prodotto raggiunga il mercato. Ma il lavoro svolto dalla Dott.ssa Trisha Andrew, Ricercatrice Universitaria di Chimica presso l’Università del Wisconsin-Madison, ci ha fatto fare un passo avanti in questa direzione.

Già dagli anni ’90 esistono dei dispositivi fotovoltaici organici che possono essere inseriti in una vernice. Ottenuti con sostanze quali carbonio, idrogeno, azoto e zolfo, tali dispositivi hanno il vantaggio di non essere costosi da produrre, ma sono penalizzati dall’inefficienza e dalla breve durata rispetto ai materiali a base di silicio.

Un paio d’anni fa, Andrew e i suoi colleghi hanno avuto un momento “eureka!”. Perché non farne un punto di forza e produrre un materiale fotovoltaico in grado di fornire energia ai dispositivi elettronici, ma così economico da produrre che basta sostituirlo quando si deteriora?

“ Ad esempio, se il vostro impianto genera delle emissioni di CO2, si possono catturare queste emissioni e convogliarle nelle pareti.”

L’Ing. Jan Wurm, Direttore Associato e Responsabile Ricerca Europa presso Arup, a capo del progetto BIQ House (Bio Intelligent Quotient – Bio Quoziente Intelligente)

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La facciata vivente costituita da micro-alghe non solo è bella da vedere, ma produce anche biomassa e calore. Le materie prime si possono impiegare direttamente sull’abitazione.

“La domanda che non ci eravamo mai posti prima era se poter realizzare questi materiali a livello commerciale,” spiega Andrew. “Questa è una domanda che le case farmaceutiche si pongono ogni giorno. Noi stavamo seguendo lo stesso processo di sintesi chimica, quindi la fase logica successiva per noi era chiedersi quale fosse l’effetto sul prezzo per Watt picco della nostra sintesi chimica”

Spostando l’attenzione sul processo di produzione, Andrew ha scoperto che avevano già tra le mani un prodotto commercialmente fattibile, in grado di fornire elettricità ai dispositivi domestici con l’energia solare. Con un costo di produzione inferiore a 50 centesimi di dollaro USA, non importa se le celle fotovoltaiche hanno una durata prevista tra sei mesi e due anni.

“Ora disponiamo di una serie molto promettente di risultati avanzati su cui abbiamo fondato una start-up. Possiamo realizzare celle fotovoltaiche su qualsiasi cosa, compresa la carta. È qualcosa che semplicemente non si può fare con il silicio,” spiega Andrew. “La vernice è alla nostra portata, dal punto di vista scientifico e logico. Se la fase uno va bene, ne seguirà una vernice fotovoltaica, ma probabilmente ciò non avverrà prima di dieci anni da oggi.”

Edifici dalla pelle verde

Di tanto in tanto emerge una nuova tecnologia che cambia il modo in cui pensiamo agli edifici. Presentata all’Esposizione Internazionale dell’Edilizia di Amburgo, la prima casa con “facciata bio-adattativa” del mondo ha avuto un impatto di questo genere. Apre nuove stimolanti opportunità per gli architetti e i progettisti, che possono abbattere le barriere tra il mondo dei materiali e il mondo organico e avvicinarci un po’ di più alla visione di una città vivente.

Nota come BIQ House (Bio Intelligent Quotient – Bio Quoziente Intelligente), è il risultato della collaborazione tra un gruppo di architetti, ingegneri e società di progettazione, compresa la società di consulenza internazionale Arup.

L’Ing. Jan Wurm, Direttore Associato e Responsabile Ricerca Europa presso Arup, a capo del progetto BIQ House, descrive la nuova tecnologia come “bio-utilizzazione”. “Stiamo creando delle micro-alghe per generare calore e biomassa, perciò si tratta di un processo biologico, come quello di una pianta o di un albero che crescono. Tutto ciò che ne deriva è dato dalla stessa fotosintesi, esattamente ciò che facciamo in un ambiente controllato,” spiega Wurm.

La BIQ house è dotata di una facciata costituita da elementi di rivestimento bioreattori, che contengono delle micro-alghe in acqua, poste tra due lastre di vetro. Esposte alla luce solare, le micro-alghe raddoppiano la propria massa ogni sette ore, attraverso la fotosintesi. Questa “pelle” verde fornisce ombra naturale per mantenere fresco l’interno dell’edificio.

Le alghe forniscono anche alla casa due possibili fonti di energia. La prima è data dall’energia termica solare trattenuta dall’acqua contenuta all’interno delle lastre di vetro. I raggi solari riscaldano l’acqua e poiché contiene delle alghe verdi, si riscalda più rapidamente rispetto all’acqua pura. Il calore si può prelevare dall’acqua attraverso il passaggio in una sala pompe e successivamente immagazzinare sottoterra per un futuro utilizzo. La seconda fonte di energia proviene dalla raccolta delle stesse alghe. Ciò avviene attraverso l’immissione di ossigeno, che viene pompato attraverso un dispositivo di flottazione centrale, in modo che le alghe possano essere rimosse dal pelo dell’acqua. Le alghe possono essere anche convogliate nell’impianto di biomassa dell’edificio per creare metano come fonte d’energia.

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Il grafico mostra dove si potrebbe disperdere calore da un’abitazione attraverso il rivestimento esterno dell’edificio.

“Il sistema coniuga diversi flussi e cicli, come quello dell’acqua, del carbonio, del calore e persino alimentare, volendo. In questo modo si può creare una forma di simbiosi industriale,” spiega Wurm. “Ad esempio, se si stanno producendo delle emissioni di CO2 nell’edificio, si possono prendere queste emissioni e convogliarle nella facciata.” Ciò che  ha creato entusiasmo tra gli architetti è l’idea di un edificio che costituisce parte integrante dei cicli naturali dell’ambiente che lo circonda, insieme all’opportunità di progettare una facciata vivente che cambia nel corso della giornata.

“Una delle cose interessanti è la turbolenza formata dalle bollicine che si sollevano, ma anche il modo in cui cambia colore nel corso della giornata e con l’alternarsi delle stagioni. Si può utilizzare del vetro riflettente nella parte posteriore, in modo che le bollicine creino un effetto splendente, o degli intercalari stampati, tutto ciò che si vuole,” afferma.

Non c’è ovviamente un’unica soluzione miracolosa per i nostri problemi energetici. La casa-centrale elettrica del futuro sarà un incontro di diverse tecnologie. Gli elementi di facciata bioreattori sono studiati perché funzionino in armonia con altre tecniche di trasformazione dell’energia.

Questo è il punto per cui Wurm parla di città interconnessa, la città come un organismo in cui diverse tecnologie scambiano e forniscono energia utilizzabile attraverso reti simbiotiche. È qui che la città vivente comincia a prendere forma, ed è il motivo per cui gli elementi di facciata bioreattori stanno suscitando così tanto interesse.

Trattenere il calore all’interno

Ma per quanto riguarda gli edifici esistenti? Mentre i collettori solari a traspirazione e il fotovoltaico di terza generazione potrebbero in futuro essere adattati per l’installazione a posteriori, le facciata con elementi bioreattori non sono il tipo di cosa che si può montare tranquillamente sul prospetto di una casa media.

Una delle novità all’avanguardia rivolte al mercato degli adeguamenti nel settore abitativo è l’isolamento intelligente. L’obiettivo chiave è una maggiore efficienza termodinamica senza compromettere l’estetica. Da decenni BASF crea materiali isolanti con diverse caratteristiche. Nel corso degli ultimi sette anni, ha lavorato a una nuova forma di materiale isolante, denominata SlentiteTM, che contiene pori su scala nanoscopica.

Attualmente nella fase di produzione pilota, si tratta di un aerogel di poliuretano puro che ha tutta la resistenza necessaria e garantisce un isolamento altamente efficiente, avendo al tempo stesso uno spessore dal 25 al 50% minore rispetto a un materiale isolante equivalente. La sua qualità unica è la capacità di assorbire e rilasciare vapore acqueo, regolando l’umidità all’interno dell’edificio. “Vediamo come sua principale applicazione l’adeguamento di edifici esistenti, così come nuovi edifici, sia per l’isolamento interno che per quello esterno,” spiega il Dott. Marc Fricke, a capo del team di BASF che ha creato il nuovo materiale.

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Al Bahar Towers
Ad Abu Dhabi, dove un’intensa luce solare e il caldo sono la norma, mantenere il fresco negli edifici costituisce la priorità. I due ultimi edifici ad emergere dal paesaggio cittadino sono le Al Bahar Towers, che si sono ispirate alla mashrabiya, una grata utilizzata nell’architettura tradizionale islamica per offrire ombra. Le torri sono isolate e raffrescate tramite una facciata dinamica intelligente. Lo schermo esterno dell’edificio è programmato in modo da rispondere al movimento del sole, in modo da garantire ombra a chi si trova al suo interno. Gli spettatori hanno descritto l’effetto come quello di migliaia di ombrelli che si aprono e chiudono a seconda dei movimenti del sole. Introducendo questa tecnologia per creare ombra, lo studio di architettura Aedas ha abbandonato l’utilizzo del vetro oscurato antiriflesso, che presenta lo svantaggio di limitare la quantità di luce naturale che entra nell’edificio. Le torri gemelle di 25 piani richiedono un minore condizionamento dell’aria e meno luce artificiale rispetto a uno spazio equivalente per uffici e così il consumo di energia si riduce del 50%.

Ottenere elettricità dall’acqua corrente
I ricercatori dell’Università Nazionale di Seoul hanno messo a punto un modo per utilizzare il movimento dell’acqua come fonte sostenibile d’energia. La nuova tecnica sfrutta una caratteristica dei materiali dielettrici – come la porcellana, il vetro e la plastica, che hanno una bassa conducibilità elettrica ma che possono contribuire a sostenere un campo elettrostatico per produrre elettricità. Gli scienziati sudcoreani hanno scoperto che se un materiale dielettrico viene collocato nell’acqua, si forma uno strato carico di elettricità intorno alla parte esterna del materiale. È la variazione tra l’acqua e lo strato dielettrico a generare le cariche elettriche su un elettrodo. In collaborazione con il Korea Electronics Technology Institute, il team ha adattato un semplice trasduttore dielettrico per catturare energia. Ha scoperto che il movimento di una sola goccia di 30 microlitri d’acqua genera elettricità sufficiente a illuminare un LED verde. La scoperta apre la possibilità di ottenere energia dallo scarico del bagno e dall’acqua piovana che defluisce dagli edifici.

La Casa Passiva in Cina

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Il progetto Bruck: un nucleo abitativo ermetico, altamente isolato, che può ridurre la dispersione di calore fino al punto in cui si può ottenere una temperatura piacevole per tutto l’anno senza un impianto di riscaldamento.

L’isolamento è stato il fattore determinante in uno degli sviluppi recenti maggiormente significativi nell’edilizia sostenibile – la Casa Passiva. Concetto nato in Germania, la Casa Passiva costituisce un nucleo ermetico, altamente isolato, che può ridurre la dispersione di calore fino al punto in cui si può ottenere una temperatura piacevole per tutto l’anno senza un impianto di riscaldamento.

Si tratta di un concetto che ha attirato l’attenzione del Gruppo Landsea, uno dei maggiori gruppi immobiliari della Cina, che nell’aprile scorso ha inaugurato la prima Casa Passiva del paese, il progetto Bruck.

Realizzato nella contea di Changxing, nella provincia di Zhejiang della Cina meridionale, un’area nota per i suoi inverni rigidi, le estati estremamente calde e l’elevato tasso di umidità, il progetto Bruck è un hotel destinato ai delegati in visita presso un vicino centro di ricerca che illustra il concetto di Casa Passiva. Landsea ritiene che se si può dimostrare che l’idea di Casa Passiva funziona con il difficile clima di Changxing, potrebbe essere adottata in altre parti della Cina. “Queste tecnologie potrebbero essere largamente applicate in Cina, ma dobbiamo optare per le strutture e le tecnologie più idonee, a seconda delle condizioni locali in ogni diversa zona climatica,” come spiega Kai Zou, Responsabile Tecnico di Ingegneria Civile e Sostenibilità di Landsea.

Con il governo cinese che pone una sempre maggiore attenzione sulla necessità di un’edilizia sostenibile, il settore edile della Cina sta diventando più ricettivo nei confronti di nuove idee per la riduzione del consumo di energia. Landsea ritiene che questo sia il momento giusto per sostenere l’idea di Casa Passiva in uno dei maggiori mercati immobiliari del mondo.

Rivestimenti con alghe, vernici fotovoltaiche, pareti e tetti intelligenti, edifici viventi che fanno a meno delle fonti energetiche convenzionali: tutto questo potrebbe ancora sembrare futuristico. Ma se la nuova generazione di imprenditori e studiosi riuscirà nel suo intento, queste tecnologie all’avanguardia faranno la loro comparsa negli edifici in cui viviamo prima di quanto pensiamo.

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